RINASCIMENTO

                 ITALIANO

1 – Porta bandiera di un condottiero degli Sforza di Cotignola, c. 1440.

Il personaggio indossa una celata aperta all’italiana foggiata a testa di leone ispirata a quella conservata presso il Metropolitan Museum di New York. Trasformazione di una figura della produzione “La Grande Armée”. 54 mm..

 

 

2 – Giovanni Sitajolo, cavaliere siciliano, recante la bandiera della Sicilia aragonese, c. 1450.

 

L’aquila nera in campo argento rappresenta la Sicilia fin dai tempi dei regnanti di casa Hohenstaufen. Trasformazione di una figura “La Meridiana”. 54 mm.

3 – Porta bandiera di Ferrara estense, c. 1440.

D’azzurro all’aquila d’argento è lo stemma primigenio degli Estensi. Trasformazione di una figura “La Meridiana”. 54 mm..

 

4 – Porta bandiera di Sigismondo Pandolfo Malatesta.

 

L’apparato araldico è un connubio fra stemmi ed “imprese” della famiglia Malatesta. Trasformazione a cura di Andrea Iotti su base “La Meridiana”. Pittura dell’autore. 54 mm..

5 – Lorenzo de’ Medici equipaggiato per la giostra del 1469.

La fornitura fu donata a Lorenzo dal re di Napoli. Soggetto tratto da una ricostruzione grafica di Mario Scalini. Cavallo (nudo) “Tiny Trooper”; figura auto costruita. 54 mm. (1992).

6 – Giuliano de’ Medici nel 1469.

 

Il cavallo è protetto da una barda di produzione milanese. Giuliano indossa un’armatura “all’eroica” a protezione del torace e del bacino. Soggetto tratto da una ricostruzione grafica di Mario Scalini. Cavallo (nudo) Phoenix; figura auto costruita. 54 mm. (1992).

7 – Paggio con lo stendardo di Lorenzo de’Medici nel 1469.

I colori Di livrea sono quelli di Lorenzo. Lo stendardo ne reca il motto: “Le Tems Revient” ( Il tempo si rinnova) -. Soggetto tratto da una ricostruzione grafica di Mario Scalini. Cavallo (nudo) Phoenix. Figura auto costruita. 54 mm. (1992).

 

8 – Francesco Gonzaga alla battaglia di Fornovo, 6 luglio 1495.

 

La composizione mette in evidenza gli elevati valori plastici dell’armatura “bianca” all’italiana seppure all’avvio della fase conclusiva della sua fortuna. Composizione realizzata con l’ausilio di materiali “PZ” e “Golden Helmet”. 54mm..

9 a) b) – Il condottiero Micheletto Attendolo Sforza alla battaglia di Anghiari, 1440.

La decorazione araldica delle barde dei cavalli ha come fonte documentaria i lavori (articoli, libri) di Massimo Predonzani. L’armamento dei personaggi, e nello specifico il cimiero del porta stendardo ed il cappello di Micheletto, sono tratti dalle battaglie di Paolo Uccello. Pezzi unici con utilizzo di materiale della ditta “La Meridiana”. 54 mm..

 

10 – Gendarme recante la bandiera del Papa Giulio II della Rovere, c. 1510.

 

In araldica ed in vessillologia le chiavi incrociate permangono a simbolo dello Stato della Chiesa. Figura realizzata su sbozzi di produzione “PZ”. 54 mm..

10 Bis – Stendardo delle compagnie braccesche alla battaglia di Anghiari, 1440.

Anche in questo caso l’apparato araldico ha come fonte documentaria le ricerche di Predonzani nonché lo Stemmario Trivulziano per quanto attiene alla decorazione dello stendardo (Radia Magna). La capigliatura del personaggio si ispira ad alcune raffigurazioni visibili in alcuni cassoni dipinti fiorentini (Apollonio di Giovanni, lo Scheggia). Pezzo unico con utilizzo di materiale della ditta “La Meridiana”. 54 mm..

11 – Stendardo di cavalleria portato da un “cavallo leggiero” mediceo.

 

Soggetto tratto dall’affresco de Giorgio Vasari sito nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio in Firenze raffigurante la battaglia di Scannagallo avvenuta nel 1554. Degni di nota la borgognotta con visiera a grottesca ed il torax all’antica dipinto in ocra gialla. Pezzo unico con uso di materiali di base delle ditte Elisena ed Aitna. 54/60 mm.

11 bis – Bandiera di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, 1475.

Ipotesi di ricostruzione basata su alcuni simboli di appartenenza all’Ordine della Giarrettiera inglese visibili nel palazzo ducale di Urbino (tarsie dello studiolo). I colori bianco, rosso e verde sono quelli della livrea di Federico. Trasformazione di una figura della ditta “La Meridiana”. 54 mm..

 

12 – Alfonso I d’Este, duca di Ferrara alla battaglia della Polesella, 1509.

 

La figura del duca si ispira al suo ritratto dipinto da Dosso Dossi. Anche il porta bandiera deriva da ciò che si può vedere nel secondo piano dello stesso dipinto ed anche ad un altro. Due elementi della figura del duca si discostano dall’opera citata. La capigliatura, qui più consona alla data della battaglia (suggerimento di Andrea Zanotti) e l’elmetto, non presente nel dipinto, ed ispirato a quello di un’armatura della prima decade del XVI secolo conservata al Musée de l’Armée di Parigi. Radicale revisione ed integrazione di due figure prodotte da Andrea Zanotti. 54 mm..

13 – Bandiera di una compagnia spagnola al servizio del duca di Ferrara, 1510.

Revisione di una figura prodotta da Andrea Zanotti. 54 mm..

 

14 – Stendardo della cavalleria medicea alla battaglia di Scannagallo.

 

L’armatura “all’eroica” di questo soggetto, tale nella borgognotta “grottesca” e nel pettorale anatomico color giallo ocra si ispira agli affreschi di Giorgio Vasari del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio in Firenze. L’osservazione dell’opera pittorica conosciuta come “Rotella dello Stradano” ed un pettorale metallico anatomico conservato all’Armée confermano che armamenti di questo tipo erano effettivamente in uso al di là delle intenzioni celebrative delle classicheggianti immagini vasariane. Pezzo unico con uso di materiali delle ditte Elisena ed Aitna. 60 mm..

15 – Il Gentiluomo in Rosa.

La figura ripropone nella classica misura di 54 mm il ritratto di Gian Gerolamo Grumelli dipinto da G. B. Moroni intorno al 1560. Il dipinto, considerato uno dei capolavori dell’artista, rappresenta uno dei più significativi documenti per lo studio della moda maschile della metà del Cinquecento. Pezzo unico autocostruito di Piersergio Allevi.

 

 

16 – Emanuele Filiberto I di Savoia detto “Testa di Ferro”, 1528-1580.

La figura riproduce un ritratto ad olio del personaggio e presenta un eccellente esempio di armatura da piede di Cinquecento pieno di alta manifattura. Si osservi il Collare dell’Annunziata. Radicale rielaborazione di una figura della ditta “La Fortezza”; elmetto e testa autocostruiti. 60 mm..

 

17 a) b) – Bartolomeo Colleoni, 1460 ca.

Il famoso condottiero, celebre per le sue imprese e per la sua “arma parlante”, è qui rappresentato in età matura così come appare nel suo ritratto facente parte della “Serie Gioviana” eseguita verso la metà del XVI secolo su commissione medicea ed esposta alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Per i pochi non informati sottolineo le tre coppie di testicoli che formano l’inusitata carica araldica del suo stemma. Anche se l’elmetto chiuso, magari con un mazzo di piume ai colori a far da cimiero, è protezione del capo senz’altro in uso presso i condottieri, la più semplice celata aperta all’italiana si faceva preferire, grazie alla sua migliore opportunità di visuale, da chi doveva comandare piuttosto che buttarsi nella mischia lancia in resta o a menar di stocco. Figura auto costruita. 54 m..

 

 

18 a) b) – Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, 1480.

 

L’elaborato nasce con l’intenzione di raccogliere, concentrati in poco spazio, vari elementi del repertorio araldico e simbolico della casa d’Aragona regnante su Napoli. Il porta stendardo si ispira agli armati dei bassorilievi del portale di Castel Nuovo (Maschio Angioino) mentre la fisionomia del duca è quella di un busto tridimensionale che lo ritrae. Tornando al porta stendardo si osservino la giornéa a cannoni imbottiti e la celatina classicheggiante. D’Argento alla croce patente di Nero è “Calabria” che va ad inquartare i pali d’Aragona. I tre “diademi” d’argento sono l’impresa di Alfonso e come tali vanno ad inquartare lo stemma del ducato sulla barda del cavallo. La grande spada a due mani assume qui valenza cerimoniale mentre la decorazione a fasce e fiamme delle code dello stendardo proviene come fonte da un pannello di cassone (assedio di Piombino?). Inoltre Alfonso porta appeso al collo l’ermellino simbolo dell’omonimo ordine cavalleresco. Pezzi unici con uso di materiali delle ditte Pegaso, La Meridiana e La Fortezza. 54 mm..

19 – Portabandiera Mediceo, metà del XVI sec..

La figura prende le mosse dagli affreschi di Giorgio Vasari del Palazzo Vecchio (Salone dei Cinquecento) di Firenze e dalla rotella da parata dipinta da Giovanni Stradano (Jan van der Straet) conservata nel Museo Nazionale di Palazzo Venezia di Roma, nonché dai costumi dei figuranti del corteo del Calcio Storico Fiorentino. Trasformazione di una figura in 54 mm. della ditta EK Castings.

 

 

20 a) b) – Ippolito de’ Medici, 1511-1535.

 

Nipote di due papi Medici, Leone X e Clemente VII, Ippolito fu fatto cardinale a diciotto anni anche se nella sua breve esistenza predilesse le armi piuttosto che le cose di chiesa. Infatti Tiziano nel 1534 lo ritrae armato alla ungara con la chiara allusione al suo coinvolgimento nella difesa di Vienna dalla minaccia turca. Il dipinto è conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze. Figura auto costruita da Piersergio Allevi. 54mm..

 

21 – L’Alabardiere del Pontormo.

 

Il Getty Museum di Los Angeles conserva un’opera del pittore fiorentino Iacopo Carucci detto il Pontormo nota come “L’Alabardiere”. Si ipotizza possa trattarsi del giovane fiorentino Francesco Guardi se non addirittura di Cosimo I de’ Medici in età giovanile. La cosa che, comunque, trovo sconcertate è che la presumibile alabarda la cui asta stringe nella mano destra, benché con il ferro che la definisce (o meglio che la definirebbe tale se lo si vedesse tutto) , per l’appunto si vede appena e, da quel che si vede, tutto sembra meno che un’alabarda! Tant’è vero che l’ottimo Piersergio Allevi, autore dell’altrettanto ottimo modello ha creduto bene di armare il nostro soggetto con un ben più credibile falcione. 54 mm..

 

 

22 – Porta bandiera di Alessandro Farnese duca di Parma, 1580 ca..

 

Il personaggio indossa un’armatura “da pompa” composta da elementi di una guarnitura ( armamento protettivo completo di base integrato con pezze intercambiabili in funzione di utilizzi diversi. Es. a cavallo, a piedi, guerra, giostra). La protezione del capo, una borgognotta, qualifica l’armamento come da “cavallo leggero”. La brunitura e le pesanti decorazioni dorate sono tipiche della parte finale del XVI secolo. Pezzo unico con utilizzo di materiali Premiere Miniatures, Elisena e Aitna assemblati e modificati. 54 mm..

 

23 a) b) c) – Guidobaldo da Montefeltro, 1496.

Questo personaggio era fra i comandanti delle truppe che nei giorni a cavallo degli anni 1496 e 1497 assediarono e distrussero il castello di Trevignano Romano, situato sulla riva nord del lago di Bracciano. La Galleria degli Uffizi di Firenze conserva un ritratto di Guidobaldo Attribuito a Raffaello. Cavaliere autocostruito; cavallo derivante da una figura della ditta Ronin; 54 mm

 

 

24 – Fante colleonesco, c. 1450.

 

La figura, un pezzo in 54 mm. della Chronos con testa di altra provenienza, prende spunto da un pregevole disegno di Massimo Predonzani tratto dal suo libro Caravaggio 1448, l’assedio, le battaglie, l’araldica. Il targone è decorato con un inquartato di insegne colleonesche visibili negli affreschi del Castello della Manta sito in provincia di Bergamo appartenuto alla famiglia Colleoni.

 

20 a) b) – Ippolito de’ Medici, 1511-1535.

 

Nipote di due papi Medici, Leone X e Clemente VII, Ippolito fu fatto cardinale a diciotto anni anche se nella sua breve esistenza predilesse le armi piuttosto che le cose di chiesa. Infatti Tiziano nel 1534 lo ritrae armato alla ungara con la chiara allusione al suo coinvolgimento nella difesa di Vienna dalla minaccia turca. Il dipinto è conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti di Firenze. Figura auto costruita da Piersergio Allevi. 54mm..

 

26a/b/c – Battaglia di Isola della Scala, settembre 1509.

Si tratta di uno scontro marginale nell’ambito delle Guerre d’Italia impreziosito dalla
presenza del prode dei prodi francese dell’epoca: il cavalier Baiardo (Pierre de Terrail de Bayard). Lo scontro si risolve nella sconfitta dei veneziani ad opera di un contingente di uomini d’arme e lanzichenecchi comandati dal Baiardo che, fra l’altro, cattura il capitano Giampaolo Manfrone detto Fortebraccio. La figura di Baiardo ha come fonte documentaria un arazzo conservato presso il Museo degli Eremitani di Padova mentre quella del Fortebraccio trae spunto dal San Giorgio (Altare Paumgartner – Alte Pinakothek – Monaco) di Durer. Si osservi l’abbigliamento dei lanzichenecchi di primo Cinquecento caratterizzato da abiti attillati a strisce e riquadri multicolori. Figure in 54 mm. autocostruite. Spade di Baiardo e Fortebraccio della ditta G&G.

 

27 – Fanteria spagnola. Battaglia di Pavia, 24 febbraio 1525.

 

La tricromia bianco, giallo, rosso è ricorrente nelle insegne spagnole dell’epoca.
Si osservino l’armatura del tronco da fante privata della falda a scarselle e le protezioni del capo di forma transizionale destinate ad evolvere presto nella borgognotta e nel morione. Figure in 54 mm. della ditta El Viejo Dragon di serie e trasformate.