CZERWINSK
1 Luglio 1410

Polonia e Lituania unite per la vittoria

UN PO’ DI STORIA

Lo sviluppo dello scontro che nel corso della prima decade del quindicesimo secolo vide affrontarsi lo stato dell’Ordine teutonico e la coalizione fra il regno di Polonia ed il granducato di Lituania e che ebbe nella battaglia di Tannenberg (Grunwald), vinto dai coalizzati, lo snodo per il successivo declino della potenza dell’Ordine, sono avvenimenti ben noti a chi si interessa di storia militare medievale; Tannenberg è infatti una delle battaglie del basso medioevo che gode maggiormente di fonti documentarie scritte ed iconografiche e di una ricca pubblicistica. Pertanto tornare nel dettaglio sull’argomento nel suo complesso esula dallo scopo di questo contributo. Dopo poche righe di ragguaglio storico tratterò dell’episodio riprodotto nell’elaborato modellistico, delle varie problematiche affrontate nel corso della sua realizzazione e dell’identità dei personaggi rappresentati ed in particolare sul loro armamento, sui loro stemmi e le loro bandiere.
Dunque è fine giugno dell’anno 1410 e gli eserciti polacco e lituano si stanno venendo incontro per congiungersi e procedere poi uniti e affrontare così l’esercito nemico comandato dal Gran maestro dell’Ordine teutonico Ulrich von Jungingen.
I capi dei due eserciti alleati sono entrambi lituani e cugini. Ladislao II Jagellone, in lituano Jogaila, si è convertito al cristianesimo ed ha sposato Edvige, la vedova regina di Polonia divenendone così il re. Ladislao è alla testa di una forza composta da polacchi rinforzate da un contingente di sudditi del ducato di Masovia, entità statuale strettamente connessa con il regno di Polonia. Le forze lituane comandate dal granduca Vytautas il Grande, in polacco Witold, comprendono le truppe del granducato con l’aggiunta di corposi reparti appartenenti al principato russo di Smolensk e ad una componente tartara dell’Orda d’oro entrambi nell’orbita del granducato di Lituania allora lo stato più esteso d’Europa. I due cugini a suo tempo sono venuti ai ferri corti per questioni lituane ma ora, nel comune interesse, fra loro c’è pace e alleanza. I due eserciti si incontrano a Czerwinsk, una località appena a nord della Vistola, il primo luglio del 1410: il diorama da me realizzato immagina e vuole rappresentare tale incontro.

Jan Matejko, La battaglia di Grunwald, olio su tela 1878 (Museo nazionale, Varsavia).

IL PROGETTO

Un libro fa la differenza fra Tannenberg e tutte, o quasi, le altre battaglie del Medioevo e del Rinascimento; più precisamente un libro di bandiere. Il “quasi” sta a segnalare i fahnenbuch di bandiere e stendardi borgognoni catturati grazie alle sconfitte inferte da parte degli svizzeri agli eserciti di Carlo il Temerario nelle battaglie di Grandson, Morat e Nancy svoltesi fra la primavera e l’estate del 1476. Si era soliti a quel tempo appendere nelle chiese le insegne dei nemici catturate in battaglia e si aveva cura di ridisegnarle per conservarne la memoria: ecco i fahnenbuch. Non mi risulta che altre di queste raccolte di bandiere disegnate, oltre a quelle svizzere, si siano conservate salvo quella relativa alla battaglia di Tannenberg. Le insegne dei teutonici sconfitti furono appese nella cattedrale di Wawel di Cracovia e la riproduzione su pergamena di 56 di queste fu affidata al miniatore Stanislaw Durink sotto il controllo dello storico Jan Duglosz. Il manoscritto che le raccoglie si intitola Banderia Prutenorum. Dal 1603 delle bandiere appese in chiesa si è perso traccia ma il manoscritto del Duglosz si è conservato ed è custodito presso l’Università Jagelloniana di Cracovia. 

Edizione moderna del manoscritto illustrato Banderia Prutenorum di Jan Duglosz.

Pubblicazione polacca della fine del Novecento dedicata alla battaglia di Tannenberg (Grunwald).

Pubblicazione polacca della fine del Novecento dedicata alla battaglia di Tannenberg (Grunwald).

Acquistai un estratto in italiano del Banderia Prutenorum alcune decine di anni fa’ ed è da lì che a poco a poco ha preso corpo il mio progetto. Mi parve da subito ghiotta l’idea di metter mano ad un elaborato che avesse come protagonista un bello sventolio di tante bandiere, storicamente coerente, ricco di colore e di simboli da cui grande effetto compositivo. 

 L’amico Andrea Rovaris mi batté sul tempo e realizzò un grande e bellissimo diorama raffigurante la fine della battaglia con i polacchi vincitori ostentanti le bandiere teutoniche catturate. Idea bruciata! Nel frattempo erano affluite in Italia varie pubblicazioni polacche (in polacco: gasp!) con tantissimi nomi di comandanti polacchi protagonisti della battaglia di Tannenberg con i loro stemmi e le figure di tutte le bandiere polacche, le più importanti accompagnate dal nome del loro portatore in battaglia. 

Il percorso degli eserciti verso la battaglia. In basso la freccia con la scritta “meeting” indica il luogo dell’incontro oggetto del diorama. Da Tannenberg 1410, Osprey Campaigns n. 122.

A questo in polacco, si aggiunse presto materiale documentario in lingue più commestibili: francese, inglese, tedesco. Mi si forma così nella testa l’immagine di una schiera di cavalieri su un crinale, come gli indiani nei film western, con la lancia i capi, gli altri, i più, con la bandiera. Altra idea: perché non sfruttare il fatto che il fondo di queste bandiere polacche era in prevalenza rosso? Uno sventolio fiammeggiante di rosso: ecco un’idea buona, nuova……..  

Ma come giustificare un simile schieramento? Che risposta dare alle domande chi, come, dove, quando, perché? La scarpata che si sarebbe venuta a determinare sul davanti della composizione, si tenga presente il crinale, come, con che cosa riempirla? Non trovando risposte soddisfacenti accantonai il progetto fino a che non trovai la notizia (Osprey Campaign) del rendez vous di Czerwinsk: quell’episodio, come lo si poteva immaginare, mi parve contenere la risposta alle mie domande.

Prese così forma nella mia mente la struttura della composizione che nelle sue linee essenziali è rimasta la stessa fino in fondo. Nela parte anteriore della scena, su un terreno sostanzialmente piatto, prendono posto il re di Polonia ed il granduca di Lituania uno di fronte all’altro, accompagnati dai membri del proprio seguito e dalle insegne. L’impatto visivo dell’area scoscesa vuota, negativo, è così annullato dalla presenza davanti di questi personaggi appena elencati. Lo schieramento dei cavalieri con le bandiere ed i comandanti, idea iniziale del progetto, occupano l’altura in tutta la sua estensione. Nel frattempo mi ero reso conto che l’evento che mi accingevo a riprodurre offriva una grande opportunità, cioè quella di rappresentare personaggi di nazionalità ed etnie diverse, polacchi, lituani, russi, tartari, tutti con il loro portato di specificità di armamento e di equipaggiamento, cosa che avrebbe reso la composizione più vivace e più ricca di contenuti restitutivi. Si trattava ora di scegliere i personaggi da rappresentare, attingendo all’abbondante documentazione, in base ai loro ruoli e non dimenticando di privilegiare quelli con il colore rosso nello stemma o nella bandiera portata per ottenere quella “botta” cromatica sulla quale puntavo molto. 

Il regno di Polonia, il granducato di Lituania e lo stato dell’Ordine Teutonico nel 1410. Rivista Die Zinn Figur, 9/1981.

LA DOCUMENTAZIONE

Concepito il progetto nelle sue grandi linee è giunto il momento, come sempre in questi casi, di interrogare la documentazione accumulata nel frattempo. Rimandando il lettore alla bibliografia per le pubblicazioni utilizzate va detto che a fronte di informazioni ricche e dettagliate sullo sviluppo della battaglia, gli schieramenti, i nomi dei protagonisti, gli stemmi e le bandiere, non sono mancate discrepanze e contraddizioni come spesso accade nel caso di tematiche medievali. Come metodo ho scelto di privilegiare quasi sempre le informazioni di fonte polacca. Le prime informazioni le ho tratte dalle riviste tedesche che trattano di soldatini piatti. L’argomento Tannenberg, data la presenza dei Cavalieri teutonici, era ed è molto in auge presso quel mondo di appassionati. Va detto che le informazioni attingibili da questo tipo di fonte, per di più corredate allora (anni 80-90) di illustrazioni in bianco e nero contenevano, come ho poi verificato, qualche inesattezza. 

Una volta a disposizione le pubblicazioni polacche, alle quali ho accennato in precedenza, lo scenario è cambiato. Dovute ad un vivace e prolifico gruppo di esperti (Klein, Nadolski, Nowakowski), le sole illustrazioni, molto ben fatte e filologiche e spesso colorate, erano di per sé sufficienti, comunque confrontate e fatte interagire con il materiale in tedesco, ad ampliare di molto i saperi relativi alla battaglia e ai suoi protagonisti. Col tempo nuove opere degli stessi autori, stavolta con la traduzione in Inglese, hanno arricchito il panorama delle informazioni, integrato nel frattempo da pubblicazioni in tutte le lingue, Italiano compreso. L’argomento è in effetti molto popolare. Ciliegina sulla torta ho acquistato un libro di araldica polacca.

 Pubblicazione del 2000 in Polacco e Inglese dedicata alle bandiere polacche e alleate portate alla battaglia di Tannenberg.

Copertina di un libro dedicato agli stemmi polacchi

Una delle tavole con i protagonisti della battaglia comprensiva di stemmi e di varianti dell’armamento.

LA FASE PREPARATORIA

Sono partito programmando la realizzazione di un numero davvero ragguardevole di personaggi, di quelli resi fattibili dalla completezza delle informazioni su ruolo, araldica e altro. Di tutti ho fatto un rapido disegno in posizione statica con i dettagli dell’armamento protettivo con accanto lo stemma: è il mio modo in cui spesso procedo, soprattutto nel caso di composizioni con molti personaggi. Stabilire le tipologie di tale armamento non è stato troppo difficile dal momento che gli autori polacchi di cui sopra, a mio avviso meritevoli della massima fiducia, segnalano una sostanziale omogeneità con gli armamenti in uso presso il resto dell’Occidente cristiano dell’epoca, in particolare di area tedesca; settore questo da sempre oggetto da parte mia di studi approfonditi.

 Non essendo altrettanto esperto di armamento lituano, russo e tartaro ho cercato di colmare il più possibile la mia lacuna avventurandomi così in una materia quantomai complessa.  Tornando ai polacchi l’iconografia coeva evidenzia alcune peculiarità sulle quali mi soffermerò all’occasione.  Già in questa fase i dubbi e le incertezze si sono affollati, tali da condizionare il prosieguo del lavoro e con i quali ho dovuto fare i conti fino alla fine. 

Cavalieri russi e tartari. Illustrazione da Wojownicy pod Grunwaldem

Ho progettato e tracciato un terreno che avesse come misure massime 60 cm. di fronte, 50 di profondità e 20 di altezza massima dell’altura sulla quale collocare lo schieramento dei portatori di bandiera. In questa fase rimanevo dell’idea che sarebbero stati loro i protagonisti della composizione con tutti gli altri personaggi di appoggio; vedremo che alla fine non è andata proprio così. La cosa meno immaginabile e programmabile era di quale altezza massima avrebbe dovuto essere il saliente, per ottenere il migliore effetto complessivo e la migliore distribuzione delle figure nello spazio. Questo ed altri dubbi mi hanno suggerito un momento di riflessione. 

Dopo un bel po’ di tempo ho ripreso in mano il progetto forte di alcuni nuovi convincimenti. Il primo era che l’altezza del crinale non era programmabile e che ci sarebbe stato tempo e modo di decidere in fase finale. Il secondo era che il numero complessivo dei polacchi in linea sull’altura andava ridotto, eliminando una parte dei soggetti non rossi a sostegno della mia scelta monocromatica. In conclusione mi ero convinto che aumentando i personaggi in pianura e rafforzando la presenza di quelli a mezza costa la composizione ne sarebbe risultata più armoniosa e la narrazione più intensa. Si tenga conto che la situazione rappresentata era statica e che il dinamismo, chiamiamolo l’effetto istantanea era affidato tutto alle bandiere sventolanti. Mi convinsi che con l’affollarsi di nuovi personaggi al centro e con l’aumento dei non polacchi sul lato sinistro a mezza costa avrei ottenuto l’effetto desiderato. L’iniziale effetto “indiani in montagna” perdeva così il ruolo di protagonista assoluto della composizione integrato com’era da nuovi elementi narrativi e di restituzione storica.  

 Da allora fino al completamento del diorama, le dimensioni de terreno, il numero delle figure a cavallo e a piedi, il loro posizionamento definitivo, tutto è fluttuato con continue aggiunte o eliminazioni di personaggi e con misurazioni continue di altezze e quant’altro. A lavoro finito le misure del diorama dedicato all’incontro di Czerwinsk e la quantità di figure che lo compongono sono le seguenti. Dimensioni del terreno in centimetri: larghezza 42, profondità 26, altezza massima 23,5. Figure: a piedi 9, a piedi con cavallo 3, a cavallo 14, bandiere e stendardi 13.

ARALDICA E VESSILLOLOGIA
POLACCHE E LITUANE

L’araldica polacca e la vessillologia ad essa strettamente connessa hanno alcune specificità che le distinguono da quelle dell’Europa occidentale- La più importante riguarda il rapporto fra lo stemma inteso come elemento identitario di un individuo e/o una famiglia e la struttura della società. Infatti in Polonia lo stemma non è ne individuale ne familiare, bensì di appartenenza ad un clan. Ad esempio lo stemma del clan Nalecz che consiste in un cerchio di stoffa annodato (kerchief) d’argento in campo rosso è lo stemma sia di Sedziwoj di Ostroroga, sia di Zbignew Czajka di Nowedwor, cioè due persone appartenenti a due famiglie con cognome diverso.

Ciò determina che in Polonia gli stemmi siano molti meno che in Francia, in Inghilterra o anche in Italia. Altra diversità è che si hanno tutta una serie di cariche araldiche difficilmente riscontrabili altrove quali tutta una serie di elementi vagamente a forma di freccia e di staffa, composizioni di croci di varia forma abbinate a ruote o falci di luna, molti attrezzi agricoli più o meno sintetizzati; insomma tutta una serie di cariche dall’apparenza strana e astrusa. Latita il leone, re assoluto dello stemma all’occidentale. Gli animali domestici prevalgono sulle fiere, le partizioni geometriche ( fasce, bande, pali, inquartati) sono rare, prevale perlopiù la bicromia con il binomio fondo rosso, carica argento (bianco) assolutamente dominante. Si registra un buon numero di cariche antropo o zoomorfe al naturale e non pochi abbinamenti di colori vietati nell’araldica classica.

Cavalieri polacchi. Tavola polacca

Una delle tavole con nome, clan di appartenenza, ruolo e stemma dei principali protagonisti della battaglia.

Le bandiere non si discostano dai criteri sopra citati ma con una importante eccezione ed una ulteriore specificità. Si tratta della bianca aquila polacca in campo rosso, simbolo allora e tutt’oggi di quella nazione, cioè una classica aquila araldica. Ma anche qui si annida un’eccezione o meglio una questione piuttosto controversa. A partire dal Banderia Prutenorum nella maggior parte delle fonti iconografiche le croci nere delle bandiere teutoniche compaiono poste distese con i bracci all’asta in ciò seguite nel ribaltamento da altre insegne con cariche animalesche ed anche, ed è quello che ora ci interessa, l’aquila polacca viene raffigurata così. La spiegazione di questa apparente anomalia pare essere la seguente. In pace tali insegne potevano essere esibite appese in forma di labaro, tipo gli attuali gonfaloni cittadini, per poi essere inastate al lato corto, code (ove presenti) flottanti, in caso di uso in battaglia. Visto che il Banderia raffigura chiaramente i tagli che formano le code del drappo in asse con il palo della croce io, al pari degli esperti polacchi sopra citati propendo per questa spiegazione estendendola a ciò che concerne l’aquila polacca. Considerato anche che una parte delle bandiere con animali o croci non portano nel manoscritto tale anomalia, significa che il Duglosz le ha viste così.

Riguardo alla Lituania gli elementi araldici e vessillologici riferibili alla battaglia sono pochi. Due riguardano l’entità statuale e dinastica del granducato; l’altro consiste nello stendardo di Vytautas ispirato al suo repertorio sfragistico. Su tutto ciò mi soffermerò successivamente. La documentazione moderna tedesca e francese cita la presenza di questo stendardo al pari di quello araldico di Jagellone in battaglia. Le fonti polacche in proposito tacciono.

Tutte le bandiere russe riportate dalla documentazione disponibile sono a fondo rosso con simboli religiosi. 

Tavola da Album Grundwalski con la bandiera wielka krakowska con l’aquila posta distesa con la testa all’asta.

IL DIORAMA
PROTOTIPI E ASSEMBLAGGIO DELLE FIGURE

Ho iniziato il lavoro modellistico con la messa a punto di sei prototipi da utilizzare
per la creazione della maggior parte degli armati polacchi a cavallo. Ciascun
prototipo comprende testa, tronco e gambe monoblocco, in posizione statica; per
alcuni, perfettamente frontale e per altri con testa e busto leggermente rivolti a
destra o a sinistra. Le figure sono tutte in armatura, di cui cinque con in testa un
bacinetto diverso nelle forme dell’epoca ed una a capo scoperto. Alcuni hanno
l’armatura del tronco “a vista”, altri indossano tipi vari di surcotto, comunque corto
ed attillato alla moda europea in auge fra la fine Trecento e gli inizi del
Quattrocento. Fatti fare gli stampi e le conseguenti fusioni ho ottenuto più copie di
ciascun prototipo che ho utilizzato assemblando tutte le parti mancanti (braccia,
armi, scudi, visiere, sproni, ecc.) o direttamente alle strutture monoblocco o a nuove
strutture ottenute incrociando le varie parti (testa, tronco, gambe) derivanti dalle
sei variante realizzate in modo da essere tutte compatibili una con l’altra. Con
l’aggiunta di alcuni ritocchi al panneggio ed ai tratti somatici ho così ottenuto una
buona serie di figure tutte diverse.

Cavalieri polacchi. Fusioni in lega metallica da prototipi dell’autore

Cavalieri polacchi. Fusioni in lega metallica da prototipi dell’autore

Kit in resina della ditta polacca M-Model.

 Invece le altre figure a cavallo sono state modellate una per una senza l’uso dei prototipi. Il prelato e tutti i non polacchi appartengono a questo secondo gruppo.

Per i cavalli, nudi, ho usato in prevalenza i demi lourds in quattro quarti di Fabrice Eisenbach e quelli in resina della marca polacca M-Model.

La difficoltà maggiore è stata posizionarne numerosi in discesa e alcuni in salita. Riposizionarne adeguatamente le zampe è stato difficile. Per le coverte ho usato la mia solita tecnica: sfoglia di stucco A+B impressa negli stampi di mia creazione. Per la selleria ho usato il mio materiale, prototipato e stampato illo tempore. Le bandiere sono in parte realizzate con la stessa tecnica delle coverte; anche per queste ho i miei stampi. Le altre sono in lamierino da sbalzo.

Le figure a piedi, diversamente dai cavalieri, sono fatte una per una. Alcune autocostruite, altre trasformate spesso con uso di materiale mio (teste, braccia, gambe) assemblato con parti di varia provenienza. Le figure di serie maggiormente usate allo scopo sono delle seguenti ditte: M-Model, Pegaso (manichino medievale), Soldiers (da miei prototipi).

Forme per il modellaggio di bandiere e coverte

Forme per il modellaggio di bandiere e coverte

PITTURA

Riguardo alla pittura delle figure mi limiterò solo a qualche rapido accenno dato che lo step by step pittorico non è mai stato nelle mie corde.

Il mantello di tutti i cavalli è dipinto a olio. Per tutto il resto i colori acrilici vinilici usati sono: Vallejo, Andrea, AK, Policolor, Scale 75. Per il ferro delle armature: Citadel, Tamya, Vallejo. Per le superfici dorate: Foundry Paint System, Vallejo, oro vero in conchiglia, oro tipografico.

Visto l’accento più volte posto sulla mia volontà di dare al colore rosso un ruolo prevalente, ecco la mia tavolozza preferita: Vallejo rojo, carmin, bermellon, escarlata.

Cosa da me considerata di grande importanza, gli stemmi sono stati dipinti nello stile grafico in cui questi sono riportati negli stemmari quattrocenteschi.

Stemmi polacchi medievali da A European Armorial, rivisitazione moderna del così detto “manoscritto dell’arsenale”.

TERRENO

Mai nei miei diorami e grandi scenette la progettazione e la messa in opera del terreno, sia come struttura che come ambientazione, ha rivestito tanta importanza ed è risultata problematica come in questo caso. Ritornando a quanto detto in precedenza le scelte relative al rapporto proporzionale fra larghezza e profondità, all’ampiezza delle aree scoscese, all’equilibrio fra dimensione totale e numero di personaggi (per di più in evoluzione) e principalmente sull’altezza massima del crinale, sono state prese progressivamente fino al momento della definitiva costruzione della struttura portante. Una volta messe in piedi le figure programmate sono passato da un primo schizzo di massima del terreno ad un disegno definitivo completo di tutte le curve di livello. 

Progetto definitivo del terreno con curve di livello

Posizionamento delle figure ipotizzato in una fase intermedia del lavoro

Con le figure a disposizione, concrete nella loro fisicità, e con un po’ di mestiere ho potuto buttar giù il progetto con la fiducia che l’effetto desiderato sarebbe alla fine arrivato. Va da sé che il progetto prevedeva aggiustamenti in corso d’opera.

A questo punto qualcuno potrà osservare che era meglio fare prima il terreno e poi le figure e tutto era risolto. Rispondo no; sarebbe stato come segare il tronco sul quale si à seduti.

La struttura portante consiste in un pannello di compensato al quale sono assemblate, foggiate in base alle curve di livello progettate, sagome di compensato o cartone forte di spessore vario. Tutta la superfice è stata poi rivestita di stucco epossidico, ora a riempire le curve di livello, ora a formare una sorta di “piazzola” per mezzo della quale gestire o correggere il posizionamento dei cavalli e dei fanti (già comunque predisposti alle inclinazioni programmate) in discesa o in salita.

E’ arrivato così il momento della verità. Collocando, non senza aggiustamenti continui, le figure sul terreno si ha la conferma o meno che l’effetto della composizione è quello voluto. Da questo momento in poi, trovato il posizionamento di tutte le figure, i margini di cambiamento si fanno più stretti.

Sarà prolisso ma non rinuncio a sottolineare quanto a questo punto sia importante sul terreno ancora grezzo contrassegnare e proteggere (stecchini) tutti i fori di alloggio dei perni delle figure che dovranno rimanere in sede fino all’incollaggio definitivo.

Per la decorazione del terreno ho speso il PIL del Belgio in erbette, cespugli e alberelli; il catalogo della ditta Presepi e Diorami ha così tante cose da mandarti nei matti! Ho anche comprato, e usato, la mitica macchinetta elettrica “rizza erba”. Alle prime mi ha dato qualche “briscola” ma l’ho piegata ai miei voleri e la seminagione è stata fruttuosa. L’albero in alto a sinistra è di piombo e l’ho comperato a Kulmbach in tempi remoti. Me l’ha dipinto il mio amico Lorenzo.

 

I PERSONAGGI

Porta stendardo tartari

Porta stendardo tartari.

Porta stendardo tartari.

L’esercito lituano comprendeva un numeroso contingente di cavalleria armata alla leggera. Tutto l’equipaggiamento del personaggio a cavallo è ispirato ad un disegno dell’illustratore ungherese Gyòzò Somogy, si osservino in particolare il pettorale metallico e l’elaborata briglia del cavallo. Gli stendardi hanno come fonte il volumetto Tannenberg 1410 della collana Heere & Waffen.

Janusz, duca di Masovia ed il suo porta bandiera

Da destra a sinistra: Janusz, duca di Masovia ed il suo porta bandiera.

Porta bandiera di Masovia; particolare del quarto posteriore destro della coverta del cavallo.

Il duca ha nella struttura a stecche rivettate dell’armamento delle gambe un elemento di arcaicità. La bandiera inquarta l’aquila bianca in campo rosso del ducato (Varsavia) con il basilisco rosso in campo bianco del distretto di Czersk. Janus era titolare della bandiera (corpo di battaglia) n. 23. Il porta bandiera indossa un bacinetto con il coppo fortemente appuntito in stile detto prutenico, tipico di quell’area. La mezza gualdrappa è decorata con i simboli del principato di Masovia.

Bacinetto con coppo a punta in stile prutenico e visiera a ribaltamento frontale, c. 1400. (ritrovamenti in Polonia)..

Portatore dello stendardo personale del granduca Vytautas. Porta bandiera di
Smolensk.

Al centro: portatore dello stendardo personale del granduca di Lituania. In secondo piano, seminascosta, bandiera del contingente di Smolensk

In secondo piano: porta bandiera di Smolensk.

In primo piano: lo stendardo con lo stemma del granduca di Lituania. In secondo piano: la bandiera di Smolensk.

Sigillo di Kestutis, granduca di Lituania e padre di Vytautas databile all’ultimo quarto del XIV secolo. Ricostruzione grafica di I. Heath.

Entrambi i soggetti hanno armature di foggia esteuropea (scaglie, lamelle). Il russo oltre alla spada porta arco e frecce, elemento insostituibile nella panoplia nobiliare russa e indossa un casco a punta recante nella lunetta frontale l’effige di un santo. L’altro personaggio protegge la testa con un cappello di ferro all’uso lituano. Lo stendardo araldico granducale inquarta il cavaliere detto Pogon con il guerriero appiedato tipico della simbologia lituana (fonte: Osprey Campaigns). L’arcangelo Gabriele della bandiera e l’elemento cristologico dello scudo appartengono al repertorio protoaraldico russo. Lo scudo quadrangolare, quasi una sorta di piccolo pavese, al posto di quello triangolare usato normalmente per il combattimento a cavallo ricorre spesso nell’iconografia polacco lituana, nonché dell’Ordine teutonico, coeva e moderna ed è stato adottato per numerose figure di questo diorama. Della sua decorazione araldica si tratterà successivamente.

Sigillo di Kestutis, granduca di Lituania e padre di Vytautas databile all’ultimo quarto del XIV secolo. Ricostruzione grafica di I. Heath.

Porta bandiera lituano

Guerriero lituano armato pesante recante lo scudo del granduca e la bandiera con le colonne di Gediminas, simbolo della nazione lituana

Un numero imprecisato di bandiere (corpi di battaglia) lituane facenti parte dell’esercito granducale si raccoglieva sotto vessilli recanti il simbolo detto Slupy Gediminas (Colonne di Gediminas) adottato come segno identitario nazionale nel corso del XIV secolo e tutt’oggi uno dei simboli della Lituania. Le colonne potevano essere sia bianche che gialle (in araldica: argento, oro). Il personaggio porta lo scudo del granduca Vytautas. Si osservi inoltre il bacinetto prutenico.

Buffone di corte del granduca di Lituania

Buffone di corte del granduca di Lituania

Gli abiti multicolori con semplici partizioni o a righe e scacchi nel Medioevo erano riservati ai servitori e ai membri delle guardie personali di regnanti e grandi signori. C’è chi dice che il termine “divisa” inteso come uniforme militare derivi proprio da questa divisione di tali abiti in due o più colori.

Andrzej Ciolek di Zelechov (clan Ciolek) e Mszczuj Skrzyma (clan Lebec),
rispettivamente comandante e porta insegna della bandiera Nadworna.

 Da sinistra: Mszczuj Skrzyma e Andrzej Ciolek di Zelechov.

Andrzej Ciolek di Zelechov. Da notare la pettinatura a scodella di gran moda durante le prime decadi del Quattrocento

Stemma del clan Ciolek, qui senza la campagna (terreno) verde.

La bandiera Nadworna era quella variamente definita di corte o delle truppe reali.
Il toro rosso in campo bianco e l’anatra bianca in campo rosso, stemmi dei due personaggi sono appena visibili in queste o in altre inquadrature del diorama. Entrambi indossano armature del tronco tardo trecentesche rivestite di tessuto rosso. La bandiera porta il cavaliere bianco detto Pogon o Vytis, elemento tipico lituano che il re di Polonia Jagellone mantenne rivendicando così le sue origini. Tale cavaliere bianco con scudo azzurro in campo rosso è attualmente lo stemma nazionale della Lituania.

Marcisz Wrocimowic (clan Polkozic) porta insegna della bandiera Wielka Krakowska. Dobieslaw Okwia (clan Wieinawa) antesignano portatore della bandiera Goncza. Cavaliere del clan Lis con la bandiera del distretto di Podolia.

Da sinistra: Marcisz Wrocimowic, Dobieslaw Okwia e il porta bandiera del distretto di Podolia

Maestro di Wittingau, Resurrezione di Cristo, c. 1380 (Praga, Museo Nazionale). Il guardiano del sepolcro indossa un bacinetto con visiera a griglia

Dobieslaw Okwia

Stemma del clan Polkozic del quale esiste una variante con l’asino bianco

Stemma del clan Wieniawa nella variante con le corna rosse

Lo stemma del primo personaggio è una testa d’asino nera posta frontale su fondo rosso. Il suo bacinetto è di quelli con visiera imperniata alle tempie. La bandiera è l’aquila polacca della quale tratteremo più avanti. La decorazione della coverta del cavallo si ispira ad un affresco coevo della battaglia dei fratelli Salimbeni sito nell’oratorio di San Giorgio di Urbino. La bandiera del secondo cavaliere è quella del corpo di battaglia destinato ad operare come avanguardia. Il nome del suo portatore non è noto per cui il personaggio rappresentato è uno dei capi di questo reparto il cui stemma è oro con una testa di toro di fronte nera con corna rosse e anello al naso d’oro. La griglia ribaltabile a imperniatura frontale forma la visiera ed è ispirata ad un dipinto su tavola ceco dell’epoca. Il terzo personaggio indossa un gran bacinetto modernissimo e surcotto munito di ampie maniche, il tutto alla moda francese. La decorazione della gualdrappa è di fantasia.
Sullo scudo si osservi la pezza (oggetto araldico) tipicamente polacca.

Andrzej Brochocic (Clan Osoria), comandante della bandiera Goncza.

Andrzej Brochocic.

Stemma del clan Osoria.

Il nostro Andrzej protegge il capo con un bacinetto integrato da una piastra di rinforzo, soluzione intermedia prima della comparsa del gran bacinetto (vedi sopra).
La protezione degli arti è completa e moderna mentre la protezione del cavallo consiste in una bardatura completa di maglia di ferro ed un pettorale in cuoio. Lo stemma, purtroppo privo di inquadrature, consiste in una croce innestata ad una ruota di carro, il tutto giallo in campo rosso

Zbigniew di Brzezie (clan Zadora), maresciallo di Polonia e portatore del pennone reale. Micholaj Traba di Wilslicz (clan Traby),
vicecancelliere del regno e arcivescovo di Halicz.

In primo piano: Micholaj Traba di Wislicz. In secondo piano: Zbignew di Brzezie.

Zbignew di Brzezie con il pennone di Ladislao.

Micholaj Traba di Wislicz.

Zbignew di Brzezie con il pennone di Ladislao.

L’aquila polacca posta distesa e le due code bianche sono gli elementi con i quali Andrzej Nadolski ha inteso ricostruire il pennone reale, a cui tutti si sono poi attenuti. Zbignew, prode cavaliere polacco, si presenta con il classico look dello stile detto “a vita di vespa” tipico delle decadi a cavallo fra il XIV e il XV secolo. Ogni parte dell’armamento è di pregevole fattura; clamoroso lo stemma della testa di leone che butta fiamme dalla bocca presente in questo caso su scudo, surcotto e coverta. Micholaj era uno degli alti prelati partecipanti alla battaglia, essendo inoltre il titolare della bandiera (corpo di battaglia) n. 44. Il suo abbigliamento comprende elementi sia militari che talari compreso il cappello segno della sua dignità arcivescovile. Magnifici i tre corni da caccia del suo stemma.

Danielek Rus (clan Poraj), porta frecce del re. Zbignew Czajka di Nowedwor (clan Nalecz), porta lancia del re. Henryc Rogow (clan Dzialosza), guardia del corpo del re.

Henrych Rogow.

In secondo piano: Danielek Rus.

Zbignew Czajka di Nowedwor.

Si tratta di personaggi destinati a stare a stretto contatto con il re di Polonia Ladislao, i cui nomi sono stati tramandati. I loro stemmi testimoniano in mode inequivocabile la specificità dell’araldica polacca. In Occidente corna e ali nere su rosso: improponibile! Il porta lancia ha con se anche l’elmo coronato del sovrano. Nelle armature si osservano alcuni elementi un po’ fuori moda.

Stendardo araldico di Ladislao II Jagellone, re di Polonia.

Stendardo di Ladislao II Jagellone, re di Polonia.

Portatore dello stendardo reale.

Lo stendardo araldico propone un inquartato composto dagli stemmi dei vari possedimenti di chi ne è titolare (Tannenber 1410 collana Heere & Waffen). Sulla presenza di questa insegna in battaglia le fonti sono discordi. Il portatore il cui scudo porta l’arme del clan Odrowaz indossa un cappello di ferro di tipo locale ed una panziera indipendente aggiunta ad un usbergo di Maglia di ferro.

Zbigniew di Olesnica (clan Debno), segretario del re e il suo porta bandiera.

Zbigniew di Olesnica.

Porta bandiera di Zbigniew di Olesnica.

Due sono gli Olesnica che hanno partecipato alla battaglia: Zbignew e Dobieslaw. Purtroppo ne ignoro la parentela. La messa a punto di Zbigniew mi ha creato problemi. Una fonte molto attendibile conferma sia che fosse segretario del re sia che abbia partecipato alla battaglia ma, diversamente da quello che dicono molti altri autori che lo vogliono già prete, ci informa che prese i voti l’anno successivo. Diventerà l’uomo di chiesa più influente di tutto il Medioevo polacco. Ho scelto la soluzione “non ancora prete” e dunque il nostro Zbigniew poco più che ventenne cavalca fieramente armato di tutto punto in sella al suo cavallo covertato ai colori dello stemma Debno rosso fiammante. Si osservi la “W” bianca nel cantone in basso a destra (anche se in linguaggio araldico si dovrebbe dire sinistra…) del suo stemma.

Riguardo all’ambiente polacco basso medievale la coverta completa, perdipiù ad araldica piena, è poco riportata nelle fonti iconografiche coeve e moderne. Questa è una delle poche che ho rappresentato nel diorama. Dietro, appiedato, si affaccia il suo porta bandiera appena visibile. A livello di composizione in un grande diorama un pezzo che si vede appena fa ricchezza…! Queste due figure, insieme a uno dei paggi di Ladislao li ho aggiunti all’ultimo momento per fare densità nella composizione e per rafforzare al massimo la componente rossa e la presenza dell’aquila polacca che ha così finito per diventare la vera protagonista dell’elaborato.

Ladislao II Jagellone, re di Polonia. Paggi reali.

Ladislao II Jagellone, re di Polonia.

Jan Matejko, Ladislao II Jagellone.

Gli illustratori polacchi moderni rappresentano Ladislao nel corso della battaglia vestito prevalentemente con abiti civili, con una sorta di colbacco di pelliccia, una veste di un colore grigio caldo ed un mantello regale rosso. Nel mettere a punto la figura mi sono attenuto in linea di massima a questi dettagli attribuendogli però un aspetto più guerresco. Inoltre ispirandomi ad un ritratto postumo ho aggiunto le due formelle quadrilobe, una araldica che fa da fermaglio per il mantello e l’altra sulla spalla decorata con le colonne di Gediminas. La coverta del cavallo e la giornea dei paggi ad araldica piena, filologicamente coerenti, hanno aggiunto, come accennato in precedenza, una gran bella “pennellata” di rosso alla composizione.

Vytautas, granduca di Lituania.

Vytautas, granduca di Lituania.

 Ignoto, Witold (Vytautas), granduca di Lituania, XVIII sec..

Di Vytautas Didysis, ovvero Witold Wielki, ovvero Vitoldo il Grande, si hanno numerose raffigurazioni pittoriche e statuarie postume alle quali il modello si ispira traendone liberamente tutta una serie di dettagli. In tutte ricorre la corona nelle forme tipiche dell’Europa orientale. Il colore rosato della veste è quello presente su un dipinto settecentesco. Poiché le pur rare fonti iconografiche coeve mostrano armati lituani equipaggiati con protezioni del tronco lamellari o di scaglie, per il mio Vytautas ho optato per una karacena di scaglie dorata.

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